Come diventai tifoso di Calcio e... "portiere"
1947/48 - Campionato di calcio in corso: la Stok di Trieste
(sponsor delle trasmissioni radiofoniche sportive di allora) vi invita ad
ascoltare i risultati dei primi tempi del Campionato di Calcio di serie A. Mi
fermo ed ascoltare e tra gli altri
sento: Fiorentina 2 Juventus 0. "Mah, ormai ha perso la partita", penso, e
spegnendo la radio scendo per andare a giocare sottocasa con gli amici nel “nostro” campetto semi-erboso.
Terminata la partitella con i soliti amici il pomeriggio domenicale volgeva al termine ed il sole era ormai
al tramonto, ritorno a casa ed accendo la radio per sentire i risultati
finali: Juventus batte Fiorentina 4 a 2! Avevano segnato John Hansen, Prest e doppietta
di Boniperti. E vai!
L’indomani acquistai la Gazzetta dello Sport e mi gustai
l’articolo rileggendolo più volte: la Juve però era ancora seconda dietro al
“grande Torino” ma io speravo dopo quella strepitosa vittoria in trasferta
contro la Fiorentina che “forse” la Juve avrebbe potuto superare il Toro in
classifica…
La formazione tipo del Torino era: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Casigliano, Menti, Loik, Gambetto, Mazzola, Ossola. Mentre quella della
Juve invece era questa: Sentimenti IV, Bertuccelli, Manente, Mari, Parola, Piccinini, Muccinelli, Karl Hage Hansen, Boniperti, Johon Hansen, Prest. Mi viene da fare
una riflessione: come mai a quei tempi giocavano sempre gli stessi, non si
infortunavano mai (nemmeno un raffreddore…) mentre oggi si infortunano sempre e non gioca mai
la stessa formazione?
Abitualmente io mi recavo al campo (chiamiamolo stadio ?)
per vedere gli allenamenti della squadra
della mia città, la gloriosa “Fiumana” divenuta nel dopoguerra con
l’annessione del territorio Istriano alla Jugoslavija del dittatore Tito
“Rijeka”. Nelle ore pomeridiane si svolgeva l’allenamento della squadra ed io
seguivo gli allenamenti da dietro la rete della porta dove “parava” un grande portiere: si chiamava Raunich. Era
un tipo alto e snello molto agile che volava su tutti i palloni afferrandoli in
presa con le sue grandi mani e non respingendo come fanno oggi quasi tutti i portieri. Con il passare del
tempo, poiché io ero sempre (o quasi) presente agli allenamenti dietro la sua
porta, lui finalmente si accorse di me e un giorno mi chiese: "scommetto che ti
piacerebbe fare il portiere, vero?" Al che io annuii. ”Allora guarda quello che
facio mi e ricordite ben tute le mosse, ti ga capì”. Da quel giorno lui mi
impartiva le “lezioni” sempre volgendomi le spalle, attento ai palloni che
arrivavano in porta e mi spiegava in radiocronaca le parate, consigliandoni ed
insegnandomi le “mosse giuste”.
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